venerdì 18 settembre 2015

Dichiarazione di fallimento e società in liquidazione: rassegna di massime giurisprudenziali.





Presupposto necessario della dichiarazione di fallimento, dal punto di vista obiettivo, è lo stato d’insolvenza dell’imprenditore che esercita un’attività commerciale così come disciplinato dall’art. 5 della L.F. (R.D. n. 267/42 e successive modificazioni).
Come indicato dalla norma su richiamata lo stato d’insolvenza è accertato ogni qual volta l’imprenditore si trovi in uno stato d’impotenza economico-patrimoniale tale da privare il soggetto della possibilità di far fronte con ai propri debiti.
Orbene, nel caso in cui una società sia posta in liquidazione può ritenersi di per sé insolvente e quindi essere dichiarata fallita?
Come confermato da un costante indirizzo giurisprudenziale, al quesito deve darsi risposta negativa, in quanto la società che si trova in liquidazione non può, solo per questo, essere ritenuta automaticamente insolvente e quindi dichiarata fallita.
Infatti, la procedura di liquidazione è fisiologicamente destinata alla cessazione dell’attività d’impresa ed al pagamento dei debiti, derivando da ciò che lo stato di insolvenza richiesto ex art. 5 L.F., va comunque verificato in concreto.
Quindi, per accertare lo stato d’insolvenza di una società in liquidazione occorrerà, comunque, considerare se i beni e le attività della società medesima siano sufficienti soltanto al pagamento dei suoi debiti, derivando da ciò che, in presenza di un ammontare di questi ultimi molto elevato, è comunque onere della società, al fine di dimostrare l’inesistenza dello stato di insolvenza, dare la prova della proprietà di beni o di attività o disponibilità finanziarie sufficienti per soddisfare i propri creditori, impedendo così che l’accoglimento di un’eventuale istanza di fallimento.
Di seguito si riportano una serie di massime giurisprudenziali, sia di legittimità che di merito, dalle quale emergono le modalità che il Giudice dovrà adottare per verificare lo stato d’insolvenza nel caso in cui la società della quale si chiede il fallimento sia stata posta in liquidazione.


Cassazione civile sez. I, sent. del 07/03/2014 n. 5402

Quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell'applicazione dell'art. 5 l.fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l'eguale e integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto - non proponendosi l'impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attività sociali, e alla distribuzione dell'eventuale residuo tra i soci - non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte.

Cassazione civile sez. I, sent. del 04/07/2013 n. 16752

Quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell'applicazione dell'art. 5 l.fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto - non proponendosi l'impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attività sociali, ed alla distribuzione dell'eventuale residuo tra i soci - non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte.

Cassazione civile sez. I, sent. del 30/05/2013 n. 13644

Quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell'applicazione dell'art. 5 legge fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto - non proponendosi l'impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori previa realizzazione delle attività, ed alla distribuzione dell'eventuale residuo tra i soci - non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto correttamente motivata la decisione con cui il giudice di merito aveva concluso per l'insufficienza del patrimonio di una società esercente attività di coltivazione di una cava ad assicurare l'integrale ed eguale soddisfacimento dei creditori sociali, dando rilievo al fatto che l'asta per la vendita dei macchinari aziendali fosse andata deserta, sia che l'autorizzazione alla coltivazione della cava fosse scaduta e non più rinnovata, circostanza, questa, apprezzata non nell'ottica della prosecuzione dell'attività, bensì sotto il profilo dell'ulteriore svalutazione subìta dal patrimonio sociale).

Cassazione civile sez. I, sent. del 22/04/2013 n. 9681

In tema di liquidazione coatta amministrativa, la dichiarazione di insolvenza della società cooperativa esclusivamente mutualistica, a norma dell'art. 195 legge fall., non è preclusa dalla circostanza che l'ammontare dei suoi debiti, scaduti e non pagati, sia complessivamente inferiore a trentamila euro, non applicandosi, in questo caso, l'art. 15, ultimo comma, della medesima legge, che ha carattere eccezionale e non è suscettibile di applicazione analogica ad ipotesi diversa dalla dichiarazione di fallimento dell'impresa insolvente.

Cassazione Civile sent. del 10.10. 2004 n. 18927

L'insolvenza della società non può necessariamente desumersi da uno squilibrio patrimoniale, che può essere eliminato dal favorevole andamento degli affari o da eventuali ricapitalizzazioni, e non è invocabile quando la società stessa è in liquidazione, ossia quando l'impresa non si propone di restare sul mercato, ma ha come suo unico obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attività sociali e alla distribuzione dell'eventuale residuo attivo tra i soci, con la conseguenza che in tale ipotesi la valutazione del giudice, ai fini dell'accertamento delle condizioni richieste per l'applicazione dell'articolo 5 della legge fallimentare non può essere rivolta a stimare, in una prospettiva di continuazione dell'attività sociale, l'attitudine dell'impresa a disporre economicamente della liquidità necessaria per fare fronte ai costi determinati dallo svolgimento della gestione aziendale, ma deve essere unicamente diretta, invece, ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentono di assicurare l'eguale e integrale soddisfacimento dei crediti sociali.

Tribunale Cagliari, sent. del 31/03/2015 n. 56

Lo stato di insolvenza di una società commerciale in liquidazione, quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, si realizza in presenza di una situazione d'impotenza, non transitoria, a soddisfare le proprie obbligazioni, dipendente dalla inadeguatezza delle risorse attive rispetto all'esposizione debitoria; di fronte a tale inadeguatezza, sussiste l'esigenza dell'apertura della procedura concorsuale, volta ad assicurare il concorso di tutti i creditori, e quindi l'eguale loro diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, nel rispetto delle eventuali cause legittime di prelazione.

Tribunale Palermo sez. fallimentare, sent. del 19/03/2015

In materia di fallimento, quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice ai fini dell'applicazione dell'art. 5 l.fall. deve essere unicamente diretta ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentono di assicurare l'uguale e integrale soddisfacimento dei creditori sociali e ciò in quanto non è più richiesto che essa disponga di credito e di risorse.
Tribunale Napoli, sent del 02/12/2013 n. 2409

Quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione dell’art. 5 della legge fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto - non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attività sociali, ed alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci - non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte.

Tribunale Bari sez. IV, sent. del 13/09/2012 n. 2884

Quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell'applicazione dell'art. 5 l. fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto - non proponendosi l'impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attività sociali, ed alla distribuzione dell'eventuale residuo tra i soci - non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte.

Corte appello L'Aquila, sent. del 14/03/2012

Quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell'applicazione dell'art. 5 l. fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l'uguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto - non proponendosi l'impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attività sociali, ed alla distribuzione dell'eventuale residuo tra i soci - non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte.


2 commenti:

  1. Non si trova una risposta secca a domanda precisa : " se il liquidatore ha riscontrato con certezza che la SRL è in crisi irreversibile (stato di insolvenza certo, in tal caso, è obbligato o non è obbligato a chiedere il fallimento della SRL?
    Personalmente credo, che reso pubblico con bilancio lo stato di insolvenza, può rimettere la decisione alla maggioranza dei soci e quella della massa di creditori.

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  2. Mi domando invece, se per la dichiarazione di fallimento di una società cooperativa già in liquidazione, si applichino i limiti dimensionali di cui all'art. 1,c.2,l.f. E il limite di 30.000 euro di debiti scaduti e non pagati, di cui all'art. 15 l. Lf?

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